Dic
8
Il mio mondo
Massimo

1 piccolissimo al ponteEro figlio unico, il babbo alle domande degli amici continuava a ripetere: “volevo un maschio, è arrivato. Non ne voglio altri, solo Massimo”.
Per lui ero il suo “malloppo” per la mamma ero “Mamino”. Con loro e le loro premure i miei primi passi.
La domenica pomeriggio, con la moto del babbo (un vecchio Parilla). Vestiti a festa, nei paesi vicini o nella “grande” (ai miei occhi) Grosseto. Quando la stagione si addolciva, un giro nella campagna intorno a Istia, spesso lungo l’Ombrone dove scoprivo il mio habitat… “mamma, che è?”, “babbo, perchè…”piccolo all'uliveto in bici
I giorni lavorativi della settimana erano, per il babbo, lunghi e faticosi. Sei giorni su sette a lavoro per dieci ore giornaliere. La sera era talmente stanco che l’uscita al bar con gli amici durava lo spazio di un caffè e due chiacchiere, poi a letto per ricominciare la mattina dopo. Lo spazio da dedicare agli amici, avrebbbe dovuto essere la domenica… ma quella, era inevitabilmete dedicata alla famiglia. Alla mamma e a me. Non si è mai pentito di questo fatto, anzi, ne andava fiero. Voleva, come diceva sempre, che “prima che lo prendano in mano altri (asilo, scuola, amici…), capisca chi è ‘l su’ babbo e lo conosca bene”

I miei primi contatti col “mondo esterno” furono, inevitabilmente con i miei cugini.
Abitavamo all’ultimo piano di quella che, nel castello, una volta, era la vecchia canonica vescovile. Al piano di sotto, zio Giavanni e zia Nicla con Rosanna e Claudio. la casa della sardegnolaAl piano terra, zia Luciana e zio Ademo con Adamo, il più granade di tutti noi cugini che abitavano nella “casa della sardegnola”… come chiamavo a Istia mia nonna.
Il grande androne, dal quale si entrava direttamene in casa di zia Luciana, presentava una scalinata che portava agli appartamenti di Claudio e, oltre, mei. Immancabilmete, quell’androne, diventò il mio primo campo di calcio. Io, Claudio e Adamo, non mancavamo mai l’appuntamento con la nostra partita quotidiana tra le urla di zia Luciana che doveva sorbirsi il rumore delle pallonate e le nostre grida… “goooll!”
La cosa più affascinante era la cantina. Sempre dall’androne, attraverso una vecchia porta di legno, si apriva un “mondo magico”. Quasi sempre con Adamo, erà lì che la nostra fantasia si sprigionava. Una lunga e ripida fila di scalini, scavati direttamente nel terreno, portavano sotto terra, in una stanza dove, i nostri genitori tenevano vino, formaggi, salumi ma dove, noi scavando spesso con attrezzi improbabili, ci ritrovavamo a cercare, nelle pareti, favolosi ed immaginari tesori.

Arrivò il giorno che, dalla piazza del castello, dovetti uscire per “affrontare il mondo”. Uscii dalla porta sulla torre ed incontrai… l’asilo, la scuola.
D’improvviso scoprii un mondo tutto nuovo. Babbo e mamma non erano più il solo mio mondo….

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